sabato 7 giugno 2008

A Pozzuolo del Friuli c’è un pozzo che sembra essere il centro di un giallo storico che inizia con la scoperta, avvenuta qualche anno fa, di un patrimonio archeologico: tutta la zona è popolata da città sotterranee dei morti, necropoli, in gran parte celtiche, datate da 4 o 5000 anni prima di Cristo fino all’epoca medioevale.
Diverse necropoli, molte tombe, anche sovrapposte, dato che nel tempo il piano campagna si è alzato di molti metri; il che dimostra un fatto importante: nell’arco di miglia di anni le sepolture avvenivano sempre in quello stesso punto a conferma di un interessante mistero storico.
Quale mistero? Nella zona non esisterebbero tracce concrete di inse­diamenti abitativi di proporzioni tali da giustificare una tale concentrazione se non, ed ecco il primo indizio importante, ipotizzando una antica sacralità del luogo. La antica chiesa di Pozzuolo, di cui non esistono che modeste tracce storiche, avrebbe avuto le stesse dimensioni di quella di Aquileia, probabilmente una basilica a tre navate. Un altro mistero senza spiegazioni.

UN FATTO ECCEZIONALE
Ma la densità di sepolture, come la censura sulla antica chiesa, non è nè l’unica nè la principale stranezza. Studiosi francesi dell’ “L’Ecole Francaise” di Roma hanno effettu­ato ricerche nella zona attirati da un fatto eccezionale che non ha analogie in Europa: molte tombe a Pozzuolo sono identiche ad altre scoperte nella Francia meridionale, in Provenza, nella zona di Marsiglia. Un archeologo autore degli scavi di Pozzuolo ha confermato che: « in una tomba del primo secolo dopo Cristo ho trovato anche una moneta, una Dracma Marsiliota» arrivata fin qui da Marsiglia. Un’epoca in cui gli Ebrei usavano seppelire i defunti con due monete sugli occhi.
Fatti inspiegati ma indicativi perchè Marsiglia, intorno al primo secolo dopo Cristo, era uno dei porti più utilizzati negli spostamenti degli ebrei cristianizzati provenienti dalla Palestina. In Provenza, sopratutto nella zona di Carcassonne, sono ancora ben visibili moltissimi segni di origine ebraica, come la stella di David, nell’architettura di chiese cristiane. Segni che in Friuli non esistono. Ma nel territorio del Patriarcato di Aquileia l’influenza degli ebrei cristianizzati è provata dall’uso, nelle zone rurali, di santificare la festa il sabato, anzichè la domenica. E poi proprio nelle campagne di Pozzuolo, ad esempio a Risano e Sant’Andrat del Cormor, era ben vivo il culto antico della misteriosa “sante Sabide”, sconosciuta alla agiografia cristiana, ed interpretata da molti come una solennizzazione cristiana del Sabato secondo l’uso ebraico.

DISCENDIT AD INFERA
Tornando al pozzo il fatto è che uno dei testi più importanti del catechismo di Aquileia era “il Pastore”, scritto da Erna nei primi anni del II° secolo dopo Cristo. Quest’opera è incentrata sulla discesa agli inferi degli Apostoli e dei Dottori della Chiesa e vi è descritta, e qui il mistero diventa un giallo, la possibilità di discendere nell’oltretomba attraverso varchi aperti nel terreno da pozzi o sorgenti d’acqua. Va detto anche, in collegamento con il tema delle origini giudaico-cristiane della chiesa friulana, che il “Credo” della Chiesa di Aquileia si distingue da quello apostolico romano per il cosidetto comma “discendit ad infera”, una professione di fede unica, definita “Symbolum” della chiesa aquileiese, diversamente da Roma e da Costantinopoli, e fondata sulla vicenda evangelica della discesa agli inferi, e della risalita di Cristo, nella giornata proprio di Sabato Santo. Una questione estremente seria che potrebbe aver però disegnato un ruolo straordinazio per il pozzo di Pozzuolo.
IL POZZO
A Pozzuolo esiste ancora, e esisteva già ai tempi di Caio Giulio Cesare, un pozzo ristrutturato nel 1862.
I Celti costruivano le loro camere mortuarie, e a Pozzuolo ve ne è una insolita concentrazione, nei pressi ”di un pozzo sacro”, alla ricerca di una via di co­municazione col mondo dei morti.
Gli studiosi sostengono che questi pozzi sacri, nei culti celtici, dovevano essere in comuni­cazione con una sorgente radioativa o con un antro che fosse in connessione con le correnti telluriche, affinché queste fossero evocate dai druidi. Il fatto clamoroso è che proprio sotto Pozzuolo c’è effettivamente un importante punto di intersezione di numerose faglie sismi­che che si irradiano in una vasta area del Friuli sviluppando una intensa attività elettromagnetica. Gli esperti poi parlano della geologia del territorio segnalando “anomale caratteristiche geomorfologiche”.
Va poi detto che esiste una tradizione che diffonde la credenza secondo cui al centro della terra c’é un nu­cleo di fu­sione in­torno a cui gira qualcosa: orbite di correnti telluriche che i Celti sapevano individuare e dominare.

IL SEGRETO DEL GRAAL
Ecco quindi che la somma di tutti questi elementi rende assai interessante il pozzo di Pozzuolo che assomma in se caratteristiche riconosciute in ambito cristiano, ebraico e celtico tanto da poter essere sospettato di essere una porta per la discesa agli inferi, per la comunicazione con l’aldilà.
Secondo alcuni storici, gli Esseni, una antica setta ebraica di tipo monacale, avrebbero messo a parte Gesù dei loro segreti. Segreti che avrebbero appreso proprio dai Celti. Segreti che Giuseppe d’A­rimatea, l’uomo giusto, ebreo non cristiano, che avrebbe recuperato il Sacro Graal, avrebbe riportato in Europa.
Nel caso di Pozzuolo e dei collegamenti con Marsiglia è interessante sottolineare che esiste, ed è diffusa sopratutto in Francia, una leggenda secondo cui il segreto del Graal sarebbe arrivato in Provenza, proprio a Marsiglia, portato da Giuseppe d’Arimatea, da San Lazzaro e dalla Maddalena, nel primo secolo dopo Cristo: un viaggio di cui esisterebbero alcuni riscontri storici.
Tra il 40 e il 50 d.C. inizia la diaspora dei Giudeo-Cristiani perseguitati da Ebrei e Romani in Palestina. L'Italia in questo periodo storico è il centro assoluto del mondo e qualunque porto del Mediterraneo è collegato con gli scali della penisola che per questo divennero punto di passaggio obbligatorio per le migliaia di fedeli del nuovo Credo. Tra il 31 e il 41 d.C. Giuseppe D’Arimatea avrebbe raggiunto Marsiglia e sarebbe quindi stato indirizzato dalla locale comunità ebraica proprio ad Aquileia, una fra le piu grandi città dell'Impero e del mondo, dove, secondo una famosa leggenda, avrebbe gettato le basi per creare la comunità che sarebbe diventata il Patriarcato: dopo Roma e Costantinopoli la principale sede del Cristinesimo antico. Ma sembra assai più probabile che il fondatore della chiesa di Aquileia sia stato invece San Marco, assai più credibile come detentore del segreto del Graal e assai più importante nella gerarchia dei padri della chiesa.
I SEGRETI DI SAN MARCO
Insomma se la chiesa di Aquileia è stata fondata da San Marco appare assai probabile che i fondamenti della teologia aquileiese del "Discendit ad infera" possano aver avuto origine proprio da Marco.
Clemente Alessandrino, uno dei più importanti padri della chiesa antica, ha scritto cose sorprendenti di Marco in una lettera ad un suo discepolo, tale Teodoro, dandogli istruzioni per combattere l’eresia dei capocraziani i quali erano accusati di aver copiato segretamente e alterato un vangelo segreto di San Marco:
“ In quanto a Marco, dunque, - scrive Clemente Alessandrino - durante il soggiorno di Pietro a Roma, scrisse una cronaca dei fatti del Signore, non già, tuttavia, narrandoli tutti, e neppure accennando a quelli segreti, bensì scegliendo quelli che giudicava più adatti per accrescere la fede di coloro che venivano istruiti. Ma quando Pietro morì martire, Marco venne ad Alessandria, portando i suoi scritti e quelli di Pietro, e da essi trasferì nel suo libro preesistente le cose adatte a favorire il progresso verso la gnosis. Egli perciò compose un vangelo più spirituale a uso di coloro che vanivano perfezionati. Tuttavia non divulgò ancora le cose che non dovevano essere dette, né mise per iscritto gli insegnamenti gerofantici del Signore; ma alle storie già scritte altre ne aggiunse e inoltre introdusse certi detti dei quali, come mistagogo, sapeva che l’interpretazione avrebbe guidato gli ascoltatori nell’intimo santuario della vertà celata dai sette veli. Così, insomma egli preordinò le cose, né malvolentieri né incautamente, secondo il mio giudizio, e morendo lasciò la sua composizione alla chiesa di Alessandria¸ dove è tuttora scrupolosamente custodita, e viene letta soltanto a coloro che vengono iniziati ai grandi misteri.

Perciò non si deve cedere a loro e quando propugnano le loro falsificazioni non si deve ammettere che il vangelo segreto è di Marco, bensì lo si deve negare per giuramento. Perché “ non tutto il vero deve essere detto a tutti gli uomini”.

Nella lettera Clemente rivela anche alcuni contenuti relativi al vangelo segreto di Marco e si tratta di fatti che non compaiono nel vangelo di San Marco per come noi oggi lo conosciamo,assai simili, ad un rito di resurrezione ispirato alla vicenda della resurrezione di Lazzaro narrata nel vangelo di San Giovanni cui si aggiunge un dettaglio importante: il resuscitato sarebbe stato istruito da Gesù proprio in relazione al rito di cui era stato protagonista.

Scrive Clemente: “E dopo sei giorni Gesù gli disse cosa doveva fare , e la sera il giovane venne a Lui, portando un drappo di Lino sulle sue nudità. E quella notte rimase con Lui, perché Gesù gli insegnò il mistero del regno di Dio”.

Quale era dunque il segreto di Marco? E quale potrebbe essere dunque il segreto del Graal? La risposta più interessante a questi quesiti altro non è che una ipotesi: e se il graal anzichè essere un oggetto fosse un segreto? Il segreto di un rito di ressurrezione? In questo caso certamente si tratterebbe di un di valore sconvolgente in grado di scuotere le fondamenta della cristianità.
Va anche detto che secondo alcuni storici nel territorio di Aquileia sarebbe poi nascosto un preziosissimo pozzo: il noto “Puteum aureo”, il Pozzo d’Oro, in cui sarebbero stati nascosti tutti i tesori della città di Aquileia per sottrarli ad Attila.
Vi sono varie citazioni storiche e una lunga tradizione sulle possibili sorti toccate al tesoro. Storicamente non è mai stato trovato e ancora oggi, nei contratti di compravendita dei terreni nella città di Aquileia, è regola inserire una voce che fa riferimento proprio al tesoro e a eventuali rivalse del precedente proprietario nel momento della sua eventuale scoperta. Le tradizioni e le leggende narrano che il segreto della sua collocazione sia stato perduto dopo essere stato custodito dai Patriarchi di Aquileia, che si sarebbero tramandati un segreto che conferiva un potere enorme al patriarcato. Sempre secondo queste leggende, lo stesso Sacro Graal, o il segreto celato dietro l'immagine del calice avrebbe stato nascosto in questo stesso pozzo.
IL CALICE E IL POZZO
La parola Graal deriva dall'antico nome latino del calice per bere il vino. Il fatto è che in epoca romana il vino non era come quello che noi oggi conosciamo. Si trattava di un liquido denso e resinoso imbevibile se non mescolato all'acqua.
Il Gradalis altro non era che il calice graduato per mescolare acqua e vino nelle giuste proporzioni. Ma il corrispondente greco del Gradalis, in greco antico, era il Krater che,guarda caso, significa anche cratere o sorgente, un pozzo insomma.
Ora se si pensa al bicchiere come ad un pozzo ed al vino come al sangue, fatto per nulla insolito nella liturgia cristiana si possono immaginare alcuni elementi del rito di resurrezione che abbiamo sin qui ipotizzato.
Il lettore, prima di pensare che siamo all'eccesso della fantasia più sfrenata deve però considerare un fatto. Esiste un importante vangelo apocrifo in cui vi è traccia di tutto questo.
Si tratta del vangelo di Gamaliele:
"8,15] Il cadavere nel pozzo e Gesù. E rivolto agli Ebrei, Pilato disse: "Dove si trova il morto che a vostro dire è Gesù?"[8,16] Gli Ebrei precedettero Pilato e il capitano al pozzo del giardino, che era molto profondo, ed io, Gamaliel, li seguii con la gente.[8,17] Guardarono in fondo al pozzo e videro un corpo avvolto in un lenzuolo mortuario,[8,18] e gli Ebrei gridarono: "Vedi, Pilato, lo stregone di Nazaret sul quale ti rattristi e del quale affermi che è risorto? Eccolo nel pozzo!"[8,19] Pilato ordinò di trarlo fuori. Chiamò Giuseppe e Nicodemo, e domandò: "Sono queste le bende di lino con le quali avete avvolto il morto? Sono proprio queste?"[8,20] Essi risposero: "Le bende di lino che tu hai in mano sono quelle del nostro Signore Gesù, mentre il corpo è quello del ladrone che fu crocifisso con Gesù."[8,21] La folla degli Ebrei si serrava contro Giuseppe e Nicodemo, allorché dissero la verità; e Pilato con i suoi soldati si scontrò con loro.[8,22] Quando Pilato si accorse di come gridavano e strepitavano, con la mano fece segno di smettere:[8,23] egli, infatti, faceva affidamento su di una espressione dettagli da Gesù, e cioè che i morti sarebbero risorti dalla tomba.[8,24] Chiamò dunque i capi degli Ebrei e disse loro: "Noi non crediamo affatto che questo sia il Nazareno". Essi risposero: "Lo crediamo noi!"[8,25] Egli rispose: "Lasciamo il corpo nella sua tomba come si usa per tutti i morti."[9,1] Il ladrone nella tomba di Gesù. Chiamò poi Giuseppe e Nicodemo e disse loro: "Avvolgetelo con queste bende di lino come prima."[9,2] Gli Ebrei strepitavano, dicendo: "Non abbiamo fiducia né in Giuseppe né in Nicodemo, poiché essi hanno aderito a Gesù." Pilato rispose: "Possa anch'io essere considerato degno di ciò!"[9,3] Essi presero allora le bende di lino di Gesù e con esse avvolsero il morto. Pilato e i suoi soldati intonarono il canto funebre e lo deposero nella tomba di Gesù;[9,4] poi diede ordine di porre la pietra all'ingresso della tomba come era stato fatto per Gesù. "
[10, 1] Risurrezione del ladrone. Terminata che ebbe Pilato questa preghiera con le mani tese, dall'interno della tomba s'udì una voce che diceva: "Signore, aprimi la porta affinché io esca, rotola la pietra, mio signore Pilato, affinché io venga fuori in virtù di nostro Signore Gesù Cristo risorto dai morti".
[2] Con grande gioia e nel giubilo del suo cuore, Pilato innalzò un grido e le pietre gridarono con lui.
[3] Alla folla dei presenti, Pilato ordinò di fare rotolare la pietra dall'ingresso della tomba; senza indugio il morto venne fuori e si gettò ai piedi del governatore.
[4] Tutti gli Ebrei presenti furono atterriti e pieni di vergogna fuggirono gridando e si nascosero dal governatore.
[5] Pilato allora ordinò ai suoi soldati di inseguire gli Ebrei, abbatterli con la spada e infierire sui loro corpi.
[6] Poi si rivolse al morto, dicendo: "Figlio mio, chi ti ha fatto risorgere in così breve tempo? Gesù era forse con te nella tomba? E' stato forse lui che ti ha fatto risorgere così presto?".
[11, 1] E il morto gli rispose: "Non hai visto, mio signore, il grande splendore? Esso irradiava perché, mentre tu pregavi, il Signore Gesù era con me.
[2] Mi parlò e disse: "Dì al mio amico Pilato che difenda la mia risurrezione. Io ho deciso di renderlo partecipe dell'albero della vita, come feci con te quando ti giudicarono: prima che tu fossi decapitato, essi condannarono anche me"".
[3] Pilato gli domandò: "A quale popolo appartieni e chi ti ha gettato nel pozzo?".
[4] Egli rispose: "Io sono il ladro che fu appeso alla destra del mio Signore Gesù; mi rallegro di tutte le grazie e dei doni, e di quella parola che pronunciai quand'egli era appeso in croce.
[5] Oggi, quando mi sono alzato dalla tomba di Gesù, tu Pilato - mio signore - mi hai aperto la porta della sua tomba come egli mi aveva aperto la porta del paradiso. Aspira questo amabile profumo che viene dall'albero del paradiso ove la mia anima si è ristorata".
[6] Attestazione di Gamaliele. Io, Gamaliele, in questa occasione ho seguito il popolo con il padre Giuseppe e Nicodemo.
[7] Gli apostoli temevano di avvicinarsi alla tomba e non sapevano quanto era accaduto. Per paura degli Ebrei, infatti, si erano dispersi nei luoghi più diversi.
[8] Ma io, Gamaliele, andai con tutto il popolo per vedere quanto era accaduto nella tomba del nostro Signore Gesù.
[9] Pilato e tutto il popolo ritornarono assieme in città... a causa della sua risurrezione dai morti, mentre Pilato portava in mano le bende di lino".
Insomma il pozzo c'è. Ci sono anche le bende di lino come nel vangelo segreto si San Marco narrato da Clemente Alessandrino e ci sono veramente un sacco di resurrezioni. Insomma ce n'è abbastanza per continuare a cercare di capire quanto possa essere speciale il pozzo di Pozzuolo del Friuli.

SULLE TRACCE DEL GRAAL
A Pozzuolo c’era una volta anche un castello, Braitan, che oggi non esiste più, dimenticato, quasi cancellato.
Anche assai prima della sua distruzione persino i potenti avevano un certo timore a nominarlo. Nel 921 Berengario, re d’Italia e futuro imperatore, discendente di Carlo Magno, lo cede al Patriarcato indicandolo prudentemente con un vago « castellum quod dicitur Puzolium».
Prima di appartenere a Berengario il castello Braitan era appartenuto al padre, Everardo, Marchese del Friuli: uomo di fede e di potere, di armi e sopratutto di rara cultura, versato in letteratura e diritto ma anche in scienze sacre e profane.
Presso la biblioteca Vaticana esiste un codice, risalente all’ ottavo e al nono secolo, lasciato in eredità al Papa da Everardo, con altri 35, ed esistono nella vita di Everardo indizi che fanno pensare ad una sua conoscenza di un segreto celato nella storia di Aquileia, di Braitan, di Pozzuolo, del suo pozzo e del Graal.

IL POZZO DI CALLISTO
Il Marchese del Friuli in Francia è un santo, presente nel martirologio Romano, e, pur non essendo riconosciuto dalla Chiesa, ricordato il 16 dicembre. La devozione per Everardo nasce dal fatto che questi ha costruito a Cisoing, nella regione dell’ Artois, in Francia, un monastero in cui fece trasferire le reliquie di San Callisto Papa. Una traslazione che non sarebbe potuta avvenire senza l’esplicito consenso del Papa, futuro destinatario dei manoscritti di Everardo.
E proprio questa particolare devozione di Everardo per San Callisto, contemporaneo di Erna, autore dell’opera sul pozzo e la discesa agli inferi, è l’indizio che alimenta i sospetti su una relazione tra il misterioso manoscritto, il pozzo di Pozzuolo, le sepolture, i druidi e la leggenda del Graal.
Callisto, prima schiavo, poi bancarottiere condannato ai lavori forzati, poi liberato e nominato Diacono dal Papa e infine, parlando nuovamente di tombe, addetto alla sovrintendenza del cimitero passato alla storia come la catacomba di San Callisto, il cimitero dei Papi. Anche qui il centro della vicenda è però un pozzo. Callisto morì infatti, dopo una accusa di eresia, gettato proprio in un pozzo come testimoniano la sua passio e alcune pitture tutt’ora visibili presso la sua tomba. Si tratta di affreschi in cui sono effigiati due figuri che, tenendo il Papa per i piedi, lo infilano in un pozzo. Davvero una strana coincidenza che potrebbe rappresentare tanto il racconto di un evento storico quanto l’indicazione di fatti segreti e rilevanti per collegare a un “pozzo simbolico”, forse la porta per “discendit ad infera”, il movente dell’assassinio di Callisto.
Una catacomba perduta, quella di Callisto, improvvisamente abbandonata intorno al quinto secolo e scomparsa nell’oblio fino al 1844 quando è stata riscoperta. All’interno della catacomba esiste il “cubicolo dei cinque santi”, molto antico ed affrescato. Ebbene sull’affresco è ben visibile, oltre ad una “coppa” che assomiglia all’iconografia del Graal, un indizio che ci aiuterà a fare un altro passo avanti. Si tratta della scritta: “ Arcadia pace”.

LA LEGGENDA DELL’ORSA
Il richiamo è alla mitologia dell’antichità greca e alla narrazione delle conseguenze di una scappatella di Zeus.
Zeus si era infatti invaghito di una bellissima ninfa chiamata Callisto. Dall’unione dei due era nato Arcade che aveva però rischiato di essere ucciso dall’ira della gelosissima moglie di Zeus che da parte sua, per proteggere il figlio e la ninfa, li aveva separati trasformando quest’ultima in un’orsa.
Una volta cresciuto, Arcade, divenne il valoroso re dell’Arcadia. Andando a caccia si imbattè in un’orsa che, invece di affrontarlo, cominciò a fuggire disperatamente. Più l’orsa fuggiva più il valoroso cacciatore cercava di ucciderla. Finchè, stremata, l’orsa decise di rifugiarsi nel recinto sacro di Zeus, una violazione punita con la morte, pur di non affrontare il figlio. Ma Arcade non poteva darsi pace tanto da seguirla, andando incontro a morte certa anche lui, pur di non arrendersi. Ma Zeus, commosso dall’amore della madre e ammirato dal valore dimostrato dal figlio, decise di salvarli entrambi trasformandorli in due stelle famose in tutto il mondo antico: l’orsa e il suo guardiano. Due stelle vicine, l’orsa maggiore e la stella Arcturus, chiamata appunto “il guardiano dell’Orsa”. E’ qui si intuisce il motivo per cui Everardo ha voluto portare le reliquie di Callisto nel monastero dell’Artois. Artois è infatti il nome francese di Arcturus, il guardiano della stella.
Arcturus, Artois, Arthur: un nome che noi conosciamo come Artù, Re Artù, quello dei cavalieri della Tavola Rotonda, il guardiano del Santo Graal, il re della Britannia, un luogo mitico, che non si sa dove si trovi: si sa solo che doveva essere localizzato in ambiente celtico e vicino ad uno speciale lago, una sorgente o un pozzo. E a dire il vero tra Britan e Braitan, il nome del castello di Pozzuolo, in un’area affollata da necropoli celtiche collegate alla Provenza, meta del segreto del Graal, a noi il passo sembra assai breve.
Ma la cosa non finisce qui. Si può infatti osser­vare che i Galli chiamano Cerbyd Arthur (Carro di Artù) le costella­zioni dell’orsa.

IL CARRO
Il luogo scelto da Everardo, per l’insediamento del monastero destinato a contenere le reliquie di San Callisto, era chiamato anticamente “Cisonium”, divenuta oggi Cysoing, nome che viene fatto derivare dalla parlola latina cisium, che significa appunto “carro”, unito alla parola “onus” che significa caricare, nel senso della responsabilità. Cisium onus, ovvero, Cisonium. Un bel gioco di parole degno della cultura e degli obiettivi di Everardo che evidentemente si riferisce alle responsabilità proprie e di Callisto, custodi di un segreto legato al pozzo e alla possibilità di discendere agli inferi e al Graal. Insomma Everardo ha inteso disegnare tra i suoi possedimenti una mappa tra cielo, terra e sottosuolo, lasciando una traccia che collega aspetti teologici e storici reali al mito di Artù, per la cerca del Sacro Graal. Insomma il sospetto è che nelle pergamene di Everardo possa esserci nascosto il segreto del “Pozzo d’Oro”.

DI NOTTE TRA LE TOMBE
Un sospetto coltivato anche da altri. «Era il mese di Luglio del 1967 e – ci ha raccontato un testimone che da una vita risiede nei pressi del cimitero di Pozzuolo - un auto, di notte, spesso raggiungeva a fari spenti il cimitero. Imboccava il cancello d’ ingresso e si arrestava all’interno.
Dopo aver chiuso il cancello, qualcuno applicava due luci rosse lampeggianti, sui ci­pressi del vialetto di ingresso.
Due o più persone si muovevano tra le tombe, li vedevo dalla mia finestra. Le torce elettriche ne rivelano gli spostamenti e a volte una luce più potente o i fari dell’auto illuminavano la facciata della cap­pella del ci­mitero per mezz’ora o tre quarti d’ora.
Noi, io e due mie amiche che avevano visto quanto me, abbiamo protestato con le autorità ma senza risultati. Le cose continuarono così fino alla fine di luglio, quando ci fu quell’ici­dente. Ecco la sera dell’incidente non venne la solita macchina. Da quel giorno le visite notturne si sono dira­date, sino al mese di novembre, quando sono cessate dopo una strana esplosione, fortissima, che non ha lasciato tracce visibili. Secondo me scavavano nella tomba dei parroci e l’eplosione che tutti hanno sentito è avvenuta sottoterra». Consultando la stampa dell’epoca abbiamo appreso che effettivamente a Pozzuolo, non lontano dal cimitero, la sera del 31 luglio 1967 si verificò un incidente stradale. In una fotografia pubblicata da “Il Gazzettino” compare, sul teatro dell’incidente, un anziano sacerdote. Una persona importante, già segretario personale di un vescovo molto influente in Vaticano e legato alla fondazione della Banca Vaticana. Un caso? Una coincidenza? O una misteriosa storia di religioni, segreti, intrighi e poteri che si perpetua e si intreccia con il mistero del Sacro Graal? Non abbiamo una risposta ma è indiscutibile però che quel particolare sacerdote si trovasse poprio quella sera a poche centinaia di metri dal cimitero di Pozzuolo. Abbiamo scoperto anche che il sacerdote era stato amministratore di una proprietà agraria della Curia di Udine coincidente con il territorio del castello e delle necropoli. Un ruolo in cui in anni successivi era stato sostanzialmente sostituito da una persona che, lo si è appreso nel 1991, apparteneva ad una organizzazione militare segreta. Insomma il mistero continua.

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